La Valle Roveto, remota zona di confine tra Abruzzo e Lazio, un tempo teatro delle gesta di famosi briganti, solcata dal fiume Liri e incassata tra alte montagne – a destra l’imponente catena dei Simbruini-Ernici, a sinistra le propaggini montuose del Parco Nazionale d’Abruzzo – si caratterizza da sempre per la presenza di maestose foreste. Alexandre Dumas, che visitò a metà ‘800 la valle, tappa obbligata dei ricchi e colti europei che iniziavano il Gran Tour da Napoli e risalivano la penisola, scriveva: «Dopo circa una lega ci si addentra nei magnifici boschi della Val Roveto, dove ho potuto osservare alberi secolari dal tronco così imponente che otto uomini, a malapena, riuscirebbero a circondarlo».
Alcune iscrizioni romane attestano la presenza dei castagneti nella Valle già nel periodo imperiale. Ma è nel medioevo che la coltivazione delle castagne, grazie ai nuovi innesti impiantati dai laboriosi monaci benedettini, fa un salto di qualità. Lo storico marsicano Febonio, alla metà del ‘600, indica le castagne tra i prodotti che le donne rovetane portavano ai mercati romani dentro i famosi “canistri” (cesti realizzati con giunchi di vimini, lavoro che un tempo costituiva la principale attività degli abitanti di Canistro). Dalla lettura delle statistiche murattiane, pubblicate nel 1811, si evince che nella Valle Roveto erano abbondanti i raccolti di castagne, che allora costituivano «spesso l’unico cibo della popolazione, accanto alle ghiandaie ed ai semi di faggio». Lo scrittore inglese E. Lear, nel libro Viaggio attraverso l’Abruzzo pittoresco, meta del Gran Tour, mette in risalto la massiccia presenza del castagno nelle zone della Valle Roveto esaltando anche la bellezza naturale dei luoghi. Nell’alta Valle Roveto fino alla fine degli anni ‘50 si può sicuramente parlare di una «civiltà del Castagno», in virtù del rilevante impatto che l’alimento ha avuto nei rapporti sociali, nell’immaginario, nel mito, negli usi e nell’economia. In effetti la castagna ha segnato la storia, l’economia, il paesaggio e la cultura rovetana. Il prodotto viene ancora oggi largamente esportato, soprattutto nei mercati della Marsica, del sulmontino e del frusinate.